28 giugno 2017 – L’Italia è il paese delle contraddizioni. Siamo il terzo mercato europeo per l’omeopatia, dopo Francia e Germania. Ma il nostro settore è vittima di pesanti attacchi e discriminazioni perché manca una corretta informazione sui nostri farmaci.
Così una volta ci attaccano confondendoci con i no vax, un’altra per colpa di quelli che sostituiscono la chemioterapia con cure complementari. Poi c’è chi strumentalmente parla di acqua fresca perché non conosce l’utilizzo dei nostri farmaci, e chi parla di terapie alternative. Alternative a cosa? La medicina è una sola.
Infine ci sono i brutti fatti di cronaca, come quello che ha portato alla morte del piccolo Francesco, a causa di un’otite trascurata e degenerata fino alle conseguenze più estreme. Se un intervento non riesce non è colpa del bisturi, bensì della mano del chirurgo che lo ha utilizzato. Questo vale per l’omeopatia e per qualunque categoria farmaceutica.
L’omeopatia è utilizzata da 20.000 specialisti, laureati in medicina e iscritti ad appositi registri dopo aver frequentato scuole accreditate, come previsto da una legge dello Stato del 2012 “a tutela dei pazienti e contro la pratica del fai da te”. I nostri farmaci sottostanno alle regole dell’Agenzia Italiana del Farmaco, come avviene per i generici, i radioterapici, gli emoderivati e qualunque altra classe farmaceutica. Secondo quanto disposto dalla legge di stabilità 2015, il 30 giugno si conclude l’iter per la consegna all’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaci, della documentazione relativa ai singoli preparati per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio, nel rispetto della normativa europea in vigore, e a tutela e sicurezza dei pazienti. Dunque il problema non sono i farmaci omeopatici, bensì l’utilizzo che ne viene fatto.
Nonostante i tempi un po’ stretti per le aziende del comparto, soprattutto le più piccole e quindi meno strutturate ad affrontare la complessa istruttoria, il processo di regolamentazione in atto aiuta a mettere alcuni punti fermi e, auspichiamo, a porre fine all’eterna e fastidiosa polemica su “sono farmaci” o “non sono farmaci”. Lo stabiliscono Aifa e Ministero della Salute.
Ma vediamo un po’ di storia. In Italia, fino al 1995, non c’era una normativa primaria sull’omeopatia. La produzione e la dispensazione degli omeopatici era regolamentata da un Dodecalogo del Consiglio superiore di sanità (pubblicato sulla GU n. 113 del 17.5.1989), dall’articolo 144 del TULS (relativo all’autorizzazione alla produzione), dal D.Lgs. n. 178 del 29.5.1991 e, infine, dalla nota 800.7/AG 25-5/3 del Ministero della sanità del 13 gennaio 1992. Tutti i provvedimenti tendevano comunque a garantire la salute del consumatore. Il Dodecalogo non definiva gli omeopatici come medicinali, ma come “rimedi”.
La Commissione UE, con l’intento di disciplinare la materia, ha dovuto mediare le varie normative esistenti nei Paesi membri; la medicina omeopatica, infatti, era riconosciuta ufficialmente in alcuni Stati, mentre in altri era solamente tollerata. Francia e Germania erano gli unici ad avere una legislazione completa nel settore omeopatico, ma talmente differente che un preparato prodotto in uno dei due Paesi non poteva facilmente circolare nell’altro.
Dopo un complesso iter normativo, l’Unione Europea ha fissato le linee guida per assicurare ai consumatori europei garanzie sulla qualità, sulla riproducibilità dei processi di fabbricazione e sull’innocuità dei medicinali omeopatici disponibili in tutti gli Stati, recepita in Italia con una serie di passaggi legisativi. Prima il Parlamento ha stabilito alcuni principi fondamentali, tra cui la procedura semplificata di registrazione. Il D.Lgs. n. 185/1995 decretava l’appartenenza dei prodotti omeopatici alla categoria dei medicinali e ne dava per la prima volta una definizione. La Direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) viene recepita dal nostro Paese con il D.Lgs. n. 219/2006 e prevede una procedura di registrazione semplificata ad hoc per i medicinali omeopatici. In data 21 giugno 2010 Aifa predispone un modello al quale per le domande di registrazione semplificata dei medicinali omeopatici. Il 30 giugno 2017 si è concluso il termine per la consegna dei dossier. Tutto quello che verrà autorizzato con l’attribuzione dell’AIC, resterà in vendita in farmacia. Il resto dovrà essere ritirato dal gennaio 2019. D’ora in poi si lavora così, al pari delle big Pharma.
Giovanni Gorga, Presidente Omeoimprese